Un
problema di pelle
Nuovi
materiali litoidi per il rivestimento esterno dell’architettura.
di Mauro Andrea Di Salvo
L’uomo costruttore ha una consuetudine antica con
la pietra. Perché la pietra è un materiale connesso in modo inestricabile con
l’idea del “durare” e della permanenza. La sua resistenza e durabilità l’hanno
destinata sin dall’inizio all’edificazione di manufatti la cui forza, solidità
e permanenza nel tempo dovessero manifestarsi con l’evidenza del simbolo. I
menhir, i dolmen, le piramidi e i templi di ogni cultura e di tutto il mondo
sono ancora qui fra di noi a ricordarci che cosa? Innanzitutto, la nostra paura
della morte: del finire di tutte le cose, della loro - e nostra - inesorabile
caducità; e poi che, grazie alla pietra e alla sua straordinaria resistenza ,
possiamo sentire vicini gli uomini che hanno edificato quelle opere,
immaginare, quasi, le loro angoscie e, forse, sognare i loro sogni.
L’uomo, sin dall’antichità, si è sforzato in molti
modi di “inventare” un materiale da costruzione che fosse resistente al punto
da potere ricordare la pietra ma che non comportasse la fatica e il costo del
ciclo tecnologico necessario alla sua lavorazione: l’argilla cotta al sole o al
forno, la ceramica e le terrecotte, lo stesso calcestruzzo di cemento armato o
gli intonaci minerali a spessore costituiscono altrettanti esempi di materiali
“artificiali” consistenti, durevoli e allo stesso tempo relativamente
“economici” perché, pur realizzati a partire da materie prime e semilavorati
“naturali”, come la pietra, sono di questa assai più facilmente lavorabili e
trasportabili. Ma ancora oggi nessun materiale da costruzione ha il “fascino”
della pietra, il prestigio di una presenza materica che conta vari milioni di
anni. La radicale trasformazione delle dinamiche di produzione e scambio e
l’aumento esponenziale dei costi di processo hanno decretato il progressivo
abbandono delle tecnologie a pietra “portante” a favore di quelle “a
rivestimento”. Così, col tempo, l’uso della pietra in architettura si è risolto
in gran parte nel rivestimento delle superfici, sia orizzontali che verticali,
sia interne che esterne, abdicando a quella vocazione strutturale che ne aveva
contrassegnato gli albori; simulandola, per così dire, “in immagine”,
attraverso la rievocazione del reticolo superficiale dei conci e dei giunti fra
gli stessi.
Il rivestimento lapideo delle superfici esterne, di
cui ci occupiamo questa volta, è tradizionalmente chiamato a svolgere un
compito duplice. Da una parte, protegge l’edificio cui è applicato dalle
ingiurie degli elementi e, più in generale, dall’interazione con l’ambiente
esterno; dall’altra, assolve a una funzione estetica e simbolica che coinvolge
attribuzioni di qualità connesse al valore (semantico e sociale), alla forza e
quindi alla durabilità non soltanto del manufatto, ma anche di quanto esso
contiene. Insomma, fatte le debite proporzioni in qualità e quantità, ogni
edificio rivestito in pietra è un po’ una piramide.
Tale compito complesso è stato svolto, e viene
ancora svolto tradizionalmente, da materiale lapideo tagliato in lastre di
dimensioni adeguate alle caratteristiche delle sollecitazioni e all’uso
previsti. Le differenti tecniche di applicazione sono note e sottoposte a
normazione: dai cappotti in aderenza, con o senza coibentazione, alle pareti
leggere strutturali e alle pareti ventilate, “pelli di pietra” rivestono
migliaia di edifici in tutto il mondo. Oggi però la scelta è più ampia, per la
comparsa sul mercato di prodotti nuovi e di grande interesse. L’evoluzione
tecnologica e la progressiva industrializzazione del mercato dell’edilizia,
infatti, hanno favorito la ricerca di soluzioni economiche o di standard
prestazionale (le caratteristiche della pietra naturale dipendono molto dai singoli
giacimenti e dalla variabilità degli approvvigionamenti) al problema del
rivestimento lapideo in architettura. Non pensiate subito a pannelli
luminescenti e fantascientifici: un prodotto classico di tale ricerca è la
marmetta per pavimentazioni, in granulato lapideo di varie pezzature
conglomerato con cemento, cara al ricordo di certa edilizia popolare anni
Cinquanta. Certo, la progettazione e la realizzazione di rivestimenti esterni
in materiale lapideo può avvalersi oggi di una maggiore comprensione delle
relazioni sistemiche fra gli elementi e di materiali innovativi. La tendenza
alla specializzazione delle funzioni, infatti, insieme alla evoluzione delle
tecniche di assemblaggio e articolazione fra le parti, hanno consentito la
concezione di prodotti compositi, caratterizzati da livelli prestazionali
elevati, semplicità di posa e leggerezza. In questo breve articolo prenderemo
in esame tre diverse “famiglie” di materiali, che corrispondono poi a tre
differenti linee di ricerca e ad altrettanti brevetti internazionali: il
litotipo in foglio su struttura alveolare in alluminio (TF Panel), il
ricomposto lapideo con resina poliestere a 13 mm di spessore (Stone Italia), il
ricomposto di granito e resina poliestere su rete in fibra di vetro da 6.5 mm
di spessore (Repla italia). Per comprenderne appieno caratteristiche e
prestazioni, è utile a questo punto riepilogare in breve le proprietà tecniche
e e i requisiti prestazionali cui devono rispondere tutti i materiali lapidei,
tradizionali o meno, usati per il rivestimento esterno in architettura.
Peso
specifico e peso di volume (peso specifico apparente)
Il peso specifico di un materiale rappresenta il
peso dell’unità di volume “compresso”, cioè senza vuoti, e si esprime in g/cmc.
Il peso di volume, forse più utile ai fini pratici perché consente di calcolare
il peso proprio del materiale di rivestimento, rappresenta il peso dell’unità
di volume così com’è e viene espresso comunemente in Kg/mc. In base al peso di
volume possiamo suddividere i materiali lapidei tradizionali in:
1.
molto leggeri (p.vol.
< 1000 Kg/mc),es: pomici;
2.
leggeri (1000 Kg/mc
< p.vol. < 1500 Kg/mc), es: tufi, sabbie asciutte;
3.
med. pesanti (1500
Kg/mc < p.vol. < 2500 Kg/mc), es: calcareniti, arenarie, travertini;
4.
pesanti (2500 Kg/mc
< p.vol. < 3000 Kg/mc), es: calcari, porfidi, graniti, gneiss;
5.
molto pesanti (p.vol.
> 3000 Kg/mc), es:basalti, anfiboliti.
Porosità
Esprime il grado di compattezza di un materiale ed
è data dal rapporto fra peso di volume e peso specifico: è quindi un numero
adimensionale. Importante perchè influenza le caratteristiche meccaniche delle
lastre, la loro permeabilità all’acqua e all’aria, la loro igroscopicità, ecc.